Il Mondo secondo me

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Da Chiang Rai a Keng Tung

Casa immersa nel verde

Una magnifica casa immersa nel verde

I giorni di un viaggio sono sempre troppo pochi, e spesso inversamente proporzionali alle cose che un viaggiatore si è proposto di vedere. Per poterci recare alla frontiera con la Birmania la sveglia è alle sette, quindi neppure troppo tardi. La scelta di stare una notte a Chiang Rai, e di non dover fare troppi chilometri per raggiungere la frontiera si rivela molto positiva. Faccio la mia solita colazione continentale da viaggio: Uova strapazzate con bacon e prosciutto, oltre al classico the verde doppio e alla frutta. Mentre facciamo colazione nell’ampia veranda del “The Legend Chiang Rai boutique river resort & spa” guardiamo ammirati il fiume Kok che scorre placido a poche decine di metri da noi, totalmente rilassante, e scherzando immaginiamo come sarebbe la nostra vita in Thailandia. Torniamo in camera per preparare le valige. La nostra fugace esperienza a Chiang Rai è terminata. Non credo torneremo mai più in questo luogo, e ad essere sincero penso che una giornata basti per vedere tutto ciò che questa città ha da offrire. Noi in mezza giornata abbiamo visto quanto avevamo previsto di vedere. Ora la nostra concertazione è tutta rivolta sul percorso da Chiang Rai a Keng Tung

Partenza verso la Birmania – Da Chiang Rai a Keng Tung

Ora si va verso la Birmania, vera meta del viaggio. Saliamo su un piccolo bus con alcuni dei nostri colleghi di viaggio. La giornata non è soleggiata, e forse questo è un bene. La strada che ci conduce alla frontiera è molto trafficata e ben tenuta. Il traffico è scorrevole e procediamo veloci tra file di case e alcuni enormi palazzi. Alcune sono strutture governative e passiamo anche davanti a una villa reale circondata da una tenuta sconfinata. Giunti alla frontiera scendiamo e portiamo con noi le valige. I bus thailandesi non possono passare la frontiera. Dobbiamo quindi farlo a piedi, camminando poche centinaia di metri per superare un piccolo check point posto poco oltre un fiume, e un varco incorniciato che ci annuncia l’ingresso nel Myanmar.

La frontiera tra Thailandia e Birmania

I controlli doganali li facciamo dentro un piccolo ufficio. I militari che li eseguono non hanno alcuna fretta e forse non sono troppo felici di dover controllare degli occidentali oltre a tutto il traffico di thailandesi e birmani che attraversano il confine senza soluzione di continuità con al seguito una marea di carretti carichi di pacchi. I controlli sono lenti anche per via dell’attrezzatura della quale dispone l’ufficio dogana. La foto per il visto ce la scattano con una piccola webcam legata con l’elastico allo schermo del computer. Però a me questa situazione non dispiace affatto. Superati i controlli aspettiamo che ci vengano restituiti i documenti su un ponte che collega la strada principale ad un locale che vende cianfrusaglie e cibo. Decido di fare due passi staccandomi dal gruppo e finisco a chiacchierare con un ragazzo che fa la guida e sta aspettando eventuali turisti da accompagnare, anche se mi spiega che in effetti da qui ne passano pochi in questo periodo. Parliamo fra noi in un inglese molto relativo e per la scarsità del mio vocabolario, e per il fatto che lui è balbuziente. C’è un che di comico nella nostra conversazione… Però tra noi si crea un buon feeling, e il quarto d’ora d’attesa non va sprecato invano.

In minibus

Su dei minibus un pò sgangherati, pieni di fango e non esattamente in ordine (capiremo il giorno dopo come mai sono ridotti così!) facciamo molti chilometri tra due ali di alberi verdissimi, sorpassando una serie di minuscoli villaggi. La gente è bella e cortese, le donne, ma anche gli uomini vestono una sorta di gonna pantalone lunga fino alle caviglie chiamata longyi.

La lunga strada verso Keng Tung

Lungo strada ci fermiamo a pranzo in un autogrill deserto ma nuovissimo dove mangiamo veramente poco. Le porzioni birmane sono parche, o forse noi occidentali non siamo più abituati a mangiare il giusto. Continuiamo a macinare chilometri, facendo una pausa caffè in un bar in via di costruzione, il Mountain View Cafè, dove il barista e le cameriere ci scattano delle foto mentre beviamo qualcosa, credo con finalità pubblicitarie. Giungiamo infine a Keng Tung dopo aver percorso oltre 200 km che c’è ancora luce. Dopo una veloce sosta in hotel andiamo a vedere alcuni templi non troppo distanti, e alcuni siti di interesse culturale fra i quali il più famoso è il Buddha Yat Taw Mu, circa venti metri e che indica la città, e un enorme albero eletto a simbolo di Keng Tung.

La splendida intimità dei templi di Keng Tung

I templi, abitati da monaci bambini, sono molto belli e conservano la loro autenticità più intima. Niente è studiato o artefatto per il piacere del turista. Tutto è autentico e sinceramente funzionale alla vita religiosa dei monaci. Il turismo qui in Birmania non pare ancora aver preso piede in maniera distruttiva, o almeno non in questa zona. L’altra faccia della medaglia può essere il fatto che i servizi turistici non sono di alto livello come in altre nazioni, o in altre zone della stessa Birmania. Ma non è un duro prezzo da pagare, e in ogni caso per quanto ci riguarda non è affatto un problema, visto che il livello delle struttura che ci ospita, l’Amazing Keng Tong Resort, immersa nella città e nei suoi monumenti è davvero buono.

Piccoli ma preziosi gesti di ospitalità

Ultima breve notazione: in uno dei templi che visitiamo i monaci hanno allestito per chiunque visiti il monastero, un angolo per rifocillarsi. Per maggiore scrupolo, e anche perché leggere il birmano è oggettivamente impossibile, hanno scritto anche in inglese che ci si può sedere e bere qualcosa per godere meglio della giornata e del viaggio. Un gesto che ho apprezzato tantissimo!

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