Siamo stati in Tunisia poco dopo la primavera araba. Per strada c’erano check point con militari armati ogni pochi chilometri. Avevano mitra, giubbotti antiproiettile. Erano vestiti coi colori del deserto. Le strade che presidiavano erano quasi deserte. Più ci si allontanava da Tunisi e dagli altri centri principali, meno auto si incrociavano per strada. Più a nord stavamo, più alberi di ulivo c’erano. Alberi di ulivo bellissimi, potati a mano, ordinati, produttivi come pochi ne ho visti. Più a sud si andava, più il deserto allungava le proprie inesorabili dita gialle e sabbiose sulle lingue di asfalto e sul viso degli uomini e donne che vivevano ai bordi di quella strada. Lasciando il nord ci si allontana fisicamente e mentalmente dall’Europa che ancora un po’ si respira a Tunisi, e ci si addentra nel mondo arabo, in un mondo che ci ricorda un passato nel quale non siamo mai stati, ma che sentiamo nostro.
Al-Qayrawan è una tappa verso sud che molti turisti odiano. In questa città vengono “rapiti” nei negozi di tappeti grazie alla connivenza tra le guide e i proprietari di questi negozietti dove si trovano tappeti bellissimi e ridicole imitazioni di tappeti arabi a basso costo e di infima qualità. Ma basta allontanarsi di pochi passi per entrare nei vicoli di una città magnifica, dominata dal minareto della più antica Moschea del Maghreb.
Entrati nella moschea si rimane subito colpiti dalla grandezza del cortile interno, luminosissimo e candido, circondato da file di colonne doppie, setacciate nei templi dei romani e trasportare qui. In realtà tutto il complesso è costruito con parti di immobili romani, prese anche molto molto più a nord, rubate alla Cartagine romana, e alcune iscrizioni latine capovolte testimoniano questo “furto d’uso”. Sotto la spianata del cortile c’è un enorme cisterna di acqua, che vi compluvia da tutte le parti del complesso quando, raramente, piove, e che serve per le abluzioni.
Nella parte al chiuso della Moschea non è consentito entrare ai non musulmani. Colpa dei francesi che per anni, durante l’occupazione della Tunisia, hanno picchiato i fedeli nei loro momenti di preghiera. È uno dei luoghi, fra i tanti che ho visto in Tunisia e nel mondo, che ricordo con più piacere.